<SIA FATTA LA TUA VOLONTA’>
A) Ogni volta che un cristiano dice la preghiera di Gesù, il <Padre nostro>, afferma, talvolta più per abitudine indolente che per consapevole convinzione, <sia fatta la tua volontà> (Mt. 6,10).
Ma cos’è <volontà di Dio?>. Cosa vuole Dio dal credente e il credente come fa a sapere ciò che realmente Dio vuole? Cosa pensiamo noi circa la <volontà di Dio?>.
Dalla mia breve esperienza di prete ho colto che, molto spesso, la <volontà di Dio> è interpretata dalle persone come volontà di male: sofferenza, dolore, difficoltà, morte.
B) In molte occasioni, di fronte a situazioni difficili, sento ripetere: “don Maurizio, ma Dio guarda giù qualche volta? Perché se Dio non guarda giù vuol dire che non si interessa di noi e gli va bene ciò che ci capita, compresa quella malattia terminale, quel dolore, quella sofferenza diffusa, magari quella morte. Oppure: <don Maurizio, cosa vuole, bisogna rassegnarsi, se questa è la volontà di Dio. E’ duro vedere mia figlia in queste condizioni, sapere che ha pochi mese di vita, e ha solo vent’anni!>.
Qualche altro credente, psichicamente turbato arriva a dire: <Dio fa soffrire chi ama di più>.
C) Ecco: la volontà di Dio viene spesso, o sempre, associata a situazioni difficili della vita: esperienze di dolore, solitudine, sofferenza, morte, e considerata qualcosa di pericoloso, che aleggia sulla vita delle persone, di inevitabile da cui non si può fuggire o venirne fuori; volontà che bisogna accettare, ma di cui si farebbe a meno. Sembra che tutto il male: sofferenza, dolore, angoscia, handicap, morte, sia <volontà di Dio>. Recita un proverbio popolare, espressione chiara di fatalismo magico-religioso, ma non di fede: <Non cade foglia che Dio non voglia>. E così moltissime persone vivono e conservano dentro un rancore sordo e timoroso nei confronti di questo Dio che <strappa foglie e persone care>. E’ stato anche detto, e ancora viene detto, che queste forme di male rappresentano la croce che Dio da a ciascuno. E così Dio lavora giorno e notte a fare croci su misura. Si è così giunti a identificare la <volontà di Dio> come volontà creatrice di male, cioè delle situazione dolorose dell’esistenza umana, e la si accetta con un sospiro di impotenza rassegnata, di giusta o eccessiva punizione per i propri peccati, quasi non bastasse il male che noi riusciamo a farci in modo straordinario. Non è facile evacuare dalla nostra mente e dalla nostra coscienza questa immagine demoniaca di Dio, che non ha alcuna parentela con il messaggio di Gesù.
D) E’ strano che questa <volontà di Dio> non venga mai associata ai momenti e alle situazioni belle, positive della vita. Mai mi è capitato di sentire una persona che ha ereditato, o ha vinto al totocalcio, o ha avuto una promozione, o altro ancora dire: è la <volontà di Dio>. Neppure chi ha avuto un figlio, chi vive legami positivi mi ha mai detto: è <volontà di Dio>. Piuttosto si parla di fortuna oppure, oggi, di oroscopo.
Dunque: il negativo viene normalmente attribuito a Dio, il positivo alla fortuna o al caso. Da noi, dalle nostre scelte, dai nostri stili di vita, dal nostro impegno o disimpegno e quant’altro non dipende mai niente.
PRIMO PASSO.
A) Ad alimentare idee simili hanno contribuito, in misura notevole, errori di traduzione e interpretazioni errate o manipolative dei Vangeli. Vediamo un testo “classico”: Mt. 10,29, l’ultima traduzione italiana scrive:
<Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro>.
La traduzione letterale del testo greco è la seguente:
<Non si vendono due passeri per un asse? E uno (solo) da essi non cadrà sulla terra senza il Padre di voi>.
Nel testo greco di Matteo non c’è il verbo “volere”. Che fare? Verificare se c’è un testo parallelo di altro evangelista. E il testo c’é. E’ Luca 12,6 il cui testo greco dice:
<Cinque passeri non si vendono ad assi due? E uno (solo) di loro non è dimenticato davanti a Dio>.
Nel testo greco di Luca c’è il verbo “dimenticare”. In questo senso va letto anche il testo di Matteo. Dio non dimentica neppure un passero. Ora, tenendo conto che nella cultura dell’epoca gli uccelli erano considerati le più insignificanti creature, il senso appare chiaro: se nemmeno un passero è dimenticato da Dio, tanto meno voi siete dimenticati da Dio. Non la volontà del Padre è all’origine delle situazioni difficili e disperate della vita; certo tali situazioni non accadono all’insaputa di Dio, ma Dio non dimentica l’uomo. La preoccupazione dell’evangelista era ed è quella di invitare i discepoli alla fiducia piena in Dio che è Padre e conosce le persone in profondità, al quale nulla sfugge delle vicende difficili e felici della vita umana.
B) L’Evangelo non insinua né giustifica né mai presenta una concezione di Dio come nemico della libertà e della felicità dell’uomo né afferma che le situazioni difficili o drammatiche della vita coincidono con la sua volontà o ne sono espressione.
Da un’immagine demoniaca di Dio, milioni di persone hanno preso le distanze non credendo più in Dio, altri subiscono ancora tale immagine e si dibattono fra sensi di colpa, angoscia e pratiche magico-devozioniste, altri, ma sono minoranza, hanno intrapreso un cammino di liberazione interiore da una “religione/religiosità” malata verso una fede più autenticamente cristica:
<Altri si rappresentano Dio in modo tale che quella rappresentazione che essi rifiutano, in nessun modo è Dio … in questo ambito anche i credenti spesso hanno una certa responsabilità … in quanto per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione fallace della dottrina… nascondono e non manifestano il genuino volto di Dio> (GS 19).
L’IDEA CHE Dio esiga dal credente una vita di obbedienza cieca, di sottomissione, di rassegnazione, di mortificazione e sforzi penosi per essere a Lui bene accetto deriva da errate o incomplete letture dei Vangeli, da interpretazioni teologiche e spirituali malate, talvolta di inconfessati desideri di dominio sulle persone.
C) Vediamo un altro testo: Mt. 7,13-14 bene tradotto in italiano:
<Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano>
L’evangelista non scrive che è difficile passare/entrare nella vita del discepolo né che questo eventuale passare/entrare costa lacrime e sangue, dice che la maggior parte delle persone, abbagliata da ciò che è appariscente, cioè la <porta larga e spaziosa>, non trova quella indicata da Gesù.
L’evangelista Luca scrive che molti non entreranno per la porta stretta, non perché sia difficile, ma perché la troveranno chiusa, poiché le scelte individuali liberamente compiute nel corso della vita, li hanno resi incapaci di vero legame e sincera intimità con il Signore.
Dunque: NON MORTIFICAZIONI, NON UMILIAZIONI, NON SFORZI PENOSI servono per entrare nella vita di discepolo, di fede e permanere in essa, ma scelte sincere e consapevoli di seguire Gesù, di creare legami con lui. Certo, da questa decisione scaturisce anche l’impegno che richiede lotta verso ciò che ostacola, dentro e fuori, l’adesione a Gesù, ma la vita di fede del discepolo non nasce mortificando e castrando la vita. La spiritualità è umanamente ed eticamente sana, vera, genuina, se trova la sua fonte e il suo alimento continuo nel messaggio si Gesù, così come gli evangelisti lo propongono.
D) Se ci accostiamo ai Vangeli come fondamento e sorgente originale e originaria della spiritualità e dell’etica cristica, comprendiamo che fare LA VOLONTA’ DI DIO non è motivo di rassegnata sottomissione e di sforzi frustranti, ma è sorgente di vita, di gioia e di speranza per noi.
L’evangelista Giovanni scrive di Gesù:< Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Il cibo che alimento la vita umana, etica, spirituale di Gesù consiste nel fare la VOLONTA’ DEL PADRE. Attraverso la METAFORA del CIBO/MANGIARE Gesù indica la sua adesione/interiorizzazione/assimilazione della volontà di Dio, che diventa FONTE DI VITA, della sua vita di figlio come senso profondo di vita. Ma qual è la VOLONTA’ DI DIO PER GESU’? E’ AGIRE/OPERARE a FAVORE DELL’UOMO. Avere a cuore l’uomo, avere cura dell’uomo, avere a cuore e cura dell’opera di Dio. Questo COMPITO è la VOLONTA’ DI DIO.
Sembra chiaro che l’attuazione di questo compito non ha nulla a che fare con il culto, la legge, il tempio, la mortificazione, la sofferenza e quant’altro, ma richiede invece prossimità, accoglienza, compassione, comprensione, lealtà…, cioè serve amore per la vita, amore per la persona portatrice di vita, di vita divina.
E) Per Gesù compiere la volontà di Dio non appare come un cammino di sforzi penosi, di sottomissione rassegnata a leggi religiose imposte – da chi poi? – a pratiche di culto vuote, appare piuttosto un cammino che scaturisce dalla sua comunione (o fede) con il Padre, da un legame con Dio.
<Io sono nel Padre e il Padre è in me>, afferma Gesù, per indicare che da questa intimità/comunione/unità, che è vita di amore, scaturisce la comprensione della VOLONTA’ DI DIO: COMUNICARE VITA ALL’UOMO.
<Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in pienezza>.
<PORTARE LA CROCE>
SECONDO PASSO.
A) L’altra frase che viene associata a <volontà di Dio> è: <portare la croce>.
E’ linguaggio comune di molti “credenti” affermare: <ognuno ha la sua croce>, <portare la croce>, <è la croce che il Signore mi ha dato>, <il Signore dà la croce secondo le spalle>. Io però non ho mai visto nelle strade o nelle chiese persone che portano un legno sulle spalle. Perché, a dire il vero, la croce di Gesù era quella del patibolo, quella di legno. Sono modi di dire che rivelano una mentalità religiosa costruita su una immagine demoniaca di Dio.
Occorre cercare nei Vangeli il significato autentico di “croce”.
L’espressione <portare la croce> si trova cinque volte nei vangeli ed è sembra connessa alla scelta di seguire Gesù, sempre proposta e mai imposta. L’invito di Gesù a seguirlo è rivolto alla libera decisione della persona. Gesù non vuole al seguito delle persone costrette, rassegnate, sottomesse, ma persone consapevoli e libere.
Così la questione della “croce” va collocata in un cammino segnato da:
PROPOSTA – DECISIONE LIBERA E CONSAPEVOLE – SEQUELA – ACCETTAZIONE DELLE CONSEGUENZE.
<Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà>. (Mt. 16,24-25)
Ovvero: Chi accoglie/accetta la mia proposta di vita in modo consapevole e libero sappia che deve imparare da me a seguire me, ciò richiede di mettere da parte il proprio ego, i propri criteri di valutazione e di scelta e l’accettazione di tutto ciò che comporta la scelta di seguire me: perdita di reputazione, contestazione e rifiuto, rotture di relazioni familiari e di amicizia, disprezzo e persecuzione esclusione e violenza. E QUESTA E’ LA CROCE PERSONALE. Dunque: nessun pezzo di legno.
B) Gesù non promette né offre prestigio e privilegi, titoli e posti onorifici, potere e ricchezza e quant’altro. Offre, semplicemente la sua via, la sua vita, la sua verità e la possibilità di seguirlo; avverte però, e con chiarezza, che se chi decide di seguirlo non accetta le contraddizioni di tale scelta, che cioè i familiari, gli amici, i colleghi, la società civile e religiosa, li consideri con disprezzo, come delinquenti, eretici e altro; e che il sistema di potere politico religioso su cui si regge il mondo, li dichiari indesiderabili, folli, pericolosi come già i profeti, non gli vadano dietro, stiamo là dove sono sempre stati. Perché poi:
<… al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola sono scandalizzati>. (Mc. 4,17)
Da ciò si comprende che la “croce” rappresenta tutto ciò che di persecutorio accade come conseguenza di una scelta libera e consapevole. La croce, dunque, non viene data da Dio, ma è conseguenza possibile e reale della decisione di seguire Gesù e di praticare il suo messaggio. Vuoi seguire Gesù? Stai attento perché…:
<Se hanno chiamato Beelzebul il padrone di casa, quanto più i suoi familiari>
Gesù è come un marchio infamante.
Pertanto si devono chiamare con il loro nome la sofferenza, le malattie, il dolore, le
difficoltà difficili e drammatiche della vita, la morte, e non equivocarle o contrabbandarle per spiritualità o altro. La croce scaturisce sempre da scelte personali non compiacenti, alternative, fuori del coro.
Gesù quando ha incontrato l’uomo che da trentotto anni era infermo e non sperava più nella guarigione non gli ha detto: <Trentotto anni di malattia! Sei un prediletto da Dio. Chissà quante anime avrai salvato con la tua sofferenza. Rimani ancoradieci anni così e chissà quanti peccatori mi aiuterai a convertire>, ma:
<vedendolo disteso e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: Vuoi guarire?>
(Gv. 5,6)
E quando ha incontrato quella povera vedova disperata dietro la bara del suo unico figlio non gli ha detto: <Accetta con rassegnazione la croce che Dio ti ha dato e offrila per la conversione dei peccatori>, ma:
<vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: Non piangere! Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: Ragazzo, dico a te, alzati!>.
C) Dunque: in tutte le situazioni difficili, anche la più tragiche e disperate, Gesù ha sempre solo e unicamente comunicato vita, ha invogliato a ottenerla, ha aiutato a sprigionare dentro le persone quelle energie vitali di fiducia, di speranza, di coraggio che, unite alle sue energie, possono dare pienezza di vita all’uomo.
Il Signore non manda le malattie, ma è accanto a chi è ammalato con la sua energia vitale, guarisce da dentro.
Il Signore non fa morire le persone, ma comunica loro la vita capace di dare senso, di superare il dramma della morte.
Il Signore non fa piangere, ma asciuga il pianto.
Certo, lo fa da Dio e non da medico patologo o chirurgo o ematologo.
Lo fa da Dio e non da stregone. Ecco: lo fa da Dio. E non lo fa come faremo o vogliamo noi.
D) La vita spirituale/etica del credente in Gesù è autentica, cristica, se si alimenta al Vangelo e non ai suoi surrogati. Così si vedrà chi è il Dio che Gesù ha fatto conoscere e che i credenti in lui devono presentare attraverso la vita e non con le chiacchere. Così si vedrà che compiere la volontà di Dio è profondamente connesso con la vita, con la possibilità di sviluppare armonicamente e in pienezza la vita che è il dono di Dio. Così si vedrà che chi ha a cuore la vita e ha cura della vita ha a cuore Dio e ha cura di Dio, Creatore di vita. Si vedrà che la croce non è qualcosa da subire in modo rassegnato, ma qualcosa da assumere in modo libero, coraggioso, forte, perché forma di coerenza con i propri ideali e valori. Questa croce è segno di potenza spirituale ed etica, quella dei rassegnati è segno di frustrazione e impotenza.